Il recente Decreto Anticipi, pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’18 ottobre, ha apportato una significativa modifica che riguarda i dipendenti pubblici, nello specifico, un aumento dell’indennità di vacanza contrattuale. Ma quali sono le implicazioni di questa novità per i docenti, il personale ATA e gli altri operatori nel settore scolastico? Scopriamolo in dettaglio.
In risposta alla attuale situazione socio-economica, caratterizzata da un improvviso aumento del tasso di inflazione, il governo ha deciso di incrementare l’indennità di vacanza contrattuale per il 2024, portandola dal 0,5% al 6,7%. È importante sottolineare che, come specificato nell’articolo 3 del Decreto Legge 145/2023, questo aumento non rappresenta un pagamento retroattivo, ma un anticipo. Questo significa che il personale che andrà in pensione prima del 31 dicembre 2023 non sarà beneficiario di questa maggiorazione.
Quando i dipendenti potranno aspettarsi di ricevere questo anticipo? Sebbene la data precisa non sia stata ancora annunciata, gli uffici del Ministero dell’Economia e del Ministero della Funzione Pubblica stanno lavorando per garantire che l’importo sia erogato entro la fine di novembre o all’inizio di dicembre. L’importo netto dell’anticipo potrebbe variare in base alle ritenute fiscali e all’aliquota IRPEF, con cifre che oscilleranno tra 500 e 740 euro, a seconda della posizione nel settore scolastico.
Tuttavia, è importante considerare che questo anticipo ha delle implicazioni. Il primo effetto negativo riguarda la perdita del diritto al taglio del cuneo fiscale a partire da gennaio 2024. Di fatto, poiché l’incremento incide sull’imponibile IRPEF, i dipendenti si troveranno a dover sostenere maggiori addizionali regionali e comunali nel 2024.
Per i lavoratori precari, la situazione è diversa. Essi potranno beneficiare gradualmente di questo aumento durante il 2024, mantenendo intatto il diritto al taglio del cuneo fiscale. Tuttavia, è fondamentale notare che coloro che andranno in pensione nel 2024 dovranno restituire l’anticipo una volta in pensione.
È possibile che ciascun docente possa vedere un aumento approssimativo di circa 200 euro sulla propria busta paga, specialmente se la retribuzione annua non supera i 35.000 euro. Il primo aumento significativo potrebbe derivare dalla seconda tranche di miglioramenti del CCNL 2019/21, portando l’aumento complessivo a una media di 124 euro lordi. Tuttavia, è importante notare che l’ipotesi di Contratto del 14 luglio 2023 non è ancora stata ufficialmente firmata.